PFAS E ALIMENTI

 Pfas, lo studio del Cnr: «La concentrazione di inquinanti nel cibo cotto aumenta con il tempo di ebollizione»

Dall’Arena del 29 gennaio 2024

Cucinando, i pfas si trasferiscono dall’acqua agli alimenti. A dimostrarlo è uno studio condotto dall’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr, principale ente pubblico di ricerca italiano, in collaborazione con Greenpeace Italia: i risultati sono stati presentati venerdì sera in un incontro a Lonigo, nel Vicentino.

I ricercatori hanno prelevato acqua dalla falda inquinata tramite il pozzo di un’abitazione della zona rossa.

In Zona rossa, l’acqua dell’acquedotto è pulita e controllata, dotata di filtri che riducono di molto la presenza di sostanze contaminanti.

A Creazzo (zona arancio) i filtri arriveranno “forse” alla fine del 2024 e poi dovremo anche pagarceli in bolletta. (ndr)

L’esperimento

Con l’acqua prelevata sono stati lessati pasta, riso, carote, patate e carne di manzo. Tutto questo analizzando acqua e cibi prima e dopo la cottura. I risultati di queste operazioni sono chiari: la concentrazione di pfas nell’acqua aumenta al crescere del tempo di ebollizione, invece di calare come molti credevano e gli inquinanti, con la cottura, passano negli alimenti, anche se in proporzione diversa.

La pasta e il riso, che assorbono più acqua, una volta cotti mostrano i livelli più elevati di inquinanti, seguiti in ordine decrescente da patata, carota e manzo. In 200 grammi di pasta sono stati trovati più pfas, anche se di poco, che in un normale bicchiere d’acqua, mentre in riso e patate questa equivalenza è pari a 0,4; nelle carote a 0,3 e nella carne a 0,1.

«Questi dati indicano che la cottura con acqua contaminata è una fonte rilevante di pfas per la dieta, visto che nel cibo cotto queste sostanze sono presenti in misura decine di volte superiore a quanto avviene nello stesso alimento crudo; mangiandolo si possono superate le soglie di assunzione ritenute sicure per la salute umana», spiega Sara Valsecchi, ricercatrice del Cnr-Irsa.

«È evidente che l’esposizione della popolazione alle sostanze perfluoro-alchiliche è stata finora sottostimata», commenta Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia. Secondo Ungherese, «per tutelare la collettività non basta erogare alla popolazione acqua pulita, è necessario il divieto dell’uso e della produzione dei perfluorati sull’intero territorio nazionale».

Piani di sorveglianza

Nell’incontro di venerdì si è parlato anche dei piani di sorveglianza sui prodotti agricoli della zona rossa approvati dalla Regione. Le “Mamme no Pfas”, attraverso la portavoce Michela Piccoli, hanno fatto presente che i risultati dovrebbero essere resi noti in tempo reale a tutela della salute dei cittadini e che va allargato lo spettro delle analisi, includendo anche i prodotti di autoconsumo, mente Marzia Albiero, di Rete Gas, ha evidenziato che i controlli sui vegetali saranno compiuti solo su aziende agricole che vendono alla grande distribuzione e non sui prodotti a km zero.



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